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ANSDIPP

DISFAGIA IN RSA E RSD

Lo stato nutrizionale è una condizione fondamentale per la salute e il benessere dell’individuo. Porre la massima attenzione su questa evidenza è particolarmente importante in pazienti anziani e fragili. Un corretto stato nutrizionale permette di migliorare la sopravvivenza, la qualità della vita e lo stato funzionale dei pazienti.
Strettamente connesso a tutto questo è il problema della disfagia, una condizione molto più frequente di quanto si pensi e spesso non perfettamente diagnosticata, che porta con sé il rischio di malnutrizione e di gravi eventi collaterali per i pazienti che ne sono affetti. È per questo necessario approfondire la conoscenza di questa condizione patologica e condividere un programma di intervento nutrizionale strutturato per i pazienti disfagici, per consentire loro una buona alimentazione in sicurezza sia da un punto di vista strettamente sanitario che di qualità della vita.

LA QUALITÀ DELLA RISTORAZIONE PER I PAZIENTI DISFAGICI

Un elemento cruciale per gli ospiti disfagici delle strutture sociosanitarie e sanitarie è rappresentato dalla qualità della ristorazione, un servizio fondamentale e centrale, sia per una buona qualità di vita sia dal punto di vista strettamente sanitario. Da un lato la ristorazione ha valenza terapeutico-nutrizionale nei confronti della popolazione residente in struttura e un’adeguata nutrizione è in grado di migliorare la prognosi, di ridurre le complicanze e contribuire alla cura di molte patologie e di prevenire patologie connesse con la malnutrizione, ma anche affettiva, emotiva e psichica, in quanto una qualità dell’alimentazione non adeguata dal punto di vista della varietà, della riconoscibilità e della qualità organolettica porta con sé frustrazione e percezione di scarsa cura e attenzione.
Molto spesso la cura e l’attenzione ai particolari gastronomici – emozionali del cibo, così come il controllo dello stato nutrizionale sono spesso carenti e vi è grande necessità di cultura ed approfondimento.
La ristorazione deve a tutti gli effetti essere considerata un servizio sanitario e non un mero servizio alberghiero, dal momento che una buona ristorazione è alla base sia dell’apporto nutrizionale sia della qualità della vita.

Pertanto la ristorazione e la nutrizione integrativa, nonché la gestione dell’idratazione soprattutto laddove esista disfagia e possa essere ancora utilizzata la via orale, devono essere a tutti gli effetti considerate terapie complementari nel paziente geriatrico soprattutto nelle strutture dedicate ai pazienti fragili. Le problematiche e obiettivi terapeutici per il paziente disfagico residente nelle strutture sono i medesimi per i pazienti assistiti a domicilio e pertanto i medesimi temi affrontati nell’incontro potranno essere rivolti ai pazienti stessi e alle figure che li assistono a domicilio.

LE LINEE GUIDA DELL’INCONTRO

Lo scopo dell’iniziativa è in definitiva quello di approfondire il tema della disfagia e dell’importanza di una corretta alimentazione e gestione del paziente disfagico, affrontando alcuni temi di interesse quali:

  • La diagnosi della disfagia

  • La gestione del paziente disfagico

  • La malnutrizione, diagnosi, conseguenze, follow-up

  • Relazione tra lo stato nutrizionale e le patologie dovute alla malnutrizione

  • Screening e monitoraggio nutrizionale

  • Aspetti organizzativi della ristorazione per la disfagia

  • Pianificazione nutrizionale delle diete a consistenza modificata

  • Parametri reometrici delle diete a consistenza modificata

  • Disfagia e somministrazione del farmaco

 

LA DISFAGIA IN RSA E RSD: IL PROGRAMMA DELL’INCONTRO ONLINE

SALUTI
Dott. Sergio Sgubin, Presidente ANSDIPP

MALNUTRIZIONE E DISFAGIA NEL SOGGETTO ANZIANO: INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO
Prof. Samir Giuseppe Sukkar, Primario di Dietetica e Nutrizione Clinica del policlinico San Martino di Genova


GERIATRIA E DISFAGIA
Prof. Andrea Ungar, Professore Ordinario Medicina Interna e Geriatria Direttore Geriatria – UTIG, Università di Firenze
, Presidente Società Italiana di Gerontologia e Geriatria

DISFAGIA SARCOPENICA
Dott. Sergio Dimori, Direttore Sanitario Fondazione “Angelo Poretti e Angelo Magnani” Onlus di Vedano Olona (VA)
RSA Casa Sant’Angelo di Sesto Calende (VA)


IL LOGOPEDISTA PER LA GESTIONE DELLA DISFAGIA: TECNICHE DI SOMMINISTRAZIONE, VALUTAZIONE DELLE DIETE
Dott. Giacomo Seccafien, Logopedista


SCREENING, PIANIFICAZIONE E MONITORAGGIO NUTRIZIONALE
Dott.ssa Laura Polato, Dietista Servizio Nutrizionale IO SANO


SOMMINISTRAZIONE DEL FARMACO AL PAZIENTE DISFAGICO
Dott. Gianfranco Paccione, Istituto Don Orione di Genova


L’UMANIZZAZIONE DEL PERCORSO NUTRIZIONALE NELLE STRUTTURE PROTETTE
Dott.ssa Alessia Cavallaro, Dirigente Medico e psicoterapeuta in RSD


RINGRAZIAMENTI E SALUTI
Giovan Battista Varoli

Domande & Risposte

In questa sezione potrete trovare alcune risposte alle domande che sono state poste durante la diretta. .

Consiglierei di consultare i seguenti testi:

  • Bonaiuti, Le scale di misura in riabilitazione, Roma, SEU, 2011 ISBN 9788865150269
  • Masur, Neurologia, scale e punteggi, Milano, Edi.Ermes, 1999 ISBN 9788870512090

Dott. Dimori

Se è emiplegico e non deambulante probabilmente è sarcopenico. Quindi si passa direttamente a valutare la composizione corporea di masse muscolari mediante BIA valutando i valori della massa non grassa e della cellularità attiva. Eventualmente iniziare con integratore a base di leucina.

Dott. Dimori

Per siringhe, “siringoni” ed in gergo “schizzettone” penso si intenda l’ausilio con appendice a cono, da utilizzarsi per i lavaggi di condotti come peg o catetere. A prescindere, la linea generale vieta per qualsiasi strumento l’uso avulso o diverso da quello per il quale sia stato progettato, perciò questo come qualsiasi altro dispositivo non adibito al feeding non può essere sfruttato per fornire cibi e/o liquidi al paziente. Sono consapevole che sia cosa molto diffusa questa pratica, soprattutto nei casi di bocca serrata, scarsissima suzione, postura scorretta ed impossibilità ad una nutrizione artificiale. Ciononostante non ci sono eccezioni: se ci fosse come conseguenza un’offesa alle vie respiratorie, a livello di medicina legale non ci sarebbe alcuna giustificazione; di per sè, poi, questa abitudine induce per definizione che lo “schizzettone” possa potenzialmente essere utilizzato in modo indiscriminato senza verificare la delicatezza della procedura (pensiamo allo stantuffo che si dilata col calore di un omogeneizzato ad alta temperatura, fa resistenza ed una minima pressione del dito del somministratore lo sbloccherebbe col rischio concreto di un flusso torrenziale, con conseguente ab-ingestis probabile più ancora che possibile).

Dott. Seccafien

 

Integrando la risposta precedente dedicata al divieto dell’uso del “siringone/schizzettone”, il principio è il medesimo. Mi rendo conto che sarebbe intelligente la precauzione di somministrare 10ml per bolo, ma il rischio clinico verrebbe ridotto senza però annullarlo. Tra l’altro, per assurdo, se dovessi somministrare un minimo medio di metabolismo basale, cioè 1,5 litri di idratazione e 800kcal (con la migliore delle ipotesi di un omogeneizzato ben composto a livello nutrizionale con addirittura 300kcal effettive ogni 100gr di prodotto) dovrei somministrare nel corso nella giornata 150 boli per i liquidi e 50 boli per i cibi. In un paziente deteriorato al punto da ipotizzare lo “schizzettone”, non possiamo fondarci sull’utopia che di 200 somministrazioni con la siringa ogni giorno, per 365 giorni all’anno per tutti gli anni della degenza (ripeto, nella massima performance) nessuna minacci le vie respiratorie.

Dott. Seccafien

Questo punto è davvero importantissimo, frequente e tragicamente reale. Contiamo che nel decennio 2000-2010, nelle Rsa del primo mondo (Usa, Europa, Giappone ecc) la prima causa di decesso degli ospiti fu ricondotta all’offesa delle vie respiratorie, non solo per infezioni batteriche/virali, ma soprattutto per ab-ingestis. Abbiamo dunque introdotto pesantemente la figura del logopedista e della formazione sulla disfagia per mettere in sicurezza il paziente nei confronti della consistenza del cibo, riducendo drasticamente il rischio clinico. Nel decennio successivo, 2010-2020, quale fu l’ultimo anello attore in prima linea dell’esitus, ora che c’è grande e giusta attenzione alla deglutizione? Il rifiuto del cibo (che non è una causa diretta ma ha 45 sfumature riportate in un pre-Test di nome I.r.p.a.i. che conducono al declino della persona anziana). Per rispondere dunque alla sua domanda, per diminuire il rischio di una ricerca dei cibi più pericolosi a mano a mano del progresso della patologia, dobbiamo valutare l’ospite ragionando su una bilancia: su un piatto si mette il rischio di ab-ingestis cioè la disfagia, sull’altro piatto mettiamo il rischio del rifiuto del cibo e dunque della malnutrizione per difetto. Il risultato sarà un inquadramento ad-personam in grado di ponderare quanto sia tollerabile o meno nella dieta del nostro ospite di Rsa, aumentare la gradevolezza e ridurre la ricerca di pietanze pericolose. Quello descritto è un obiettivo altissimo, che può destabilizzare il team assistenziale e richiede una buona dose di coraggio e di consapevolezza di entrambi i rischi, ma è sicuramente sinonimo di qualità senza precedenti!

Dott. Seccafien

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